giovedì 5 aprile 2018

Vita dello scrittore poco conosciuto. Lo stress e i suoi fratelli...
















3,2,1..Pronti...via...


Sta per uscire il mio quarto romanzo.  
E' un thriller, ma non un thriller qualunque. E' costruito partendo da un presupposto spinto, che si basa sull'idea di una cospirazione globale, una roba da mettere in difficoltà i menagramo di mezzo cyberspazio e pure una bella quota di teorici del complotto. L'editore è maledettamente serio, lavora come i giapponesi e mi trova i peli nell'uovo. Una meraviglia. Mi concentro sul libro, dico, mando via un altro manoscritto a cercare fortuna a un concorso e mi applico come si deve per fare uscire il migliore prodotto possibile.




Farò promozione. Non so come ma avrete presto mie notizie.
Intanto formatto una specie di fotografia con slogan. Non so quanto possa essere suggestiva ma ci metto mezz'ora a prepararla. Sono anni che mi riprometto di procurarmi un programma di grafica decente ma ancora non l'ho fatto. Per la verità dovrei rimediare anche qualche lezione su come usarlo.

Nel frattempo mi propongono di pubblicare il mio quinto romanzo.
Sono felice come un bambino ma la mia parte razionale emerge prepotentemente e obbietto. Non  perché non abbia fiducia in quello che ho fatto, ma perché immagino sia difficile persuadere le librerie ad affiancare sugli scaffali due libri dello stesso autore poco conosciuto, e contemporaneamente. Sapete com'è: se non vai ogni domenica a fare la bella statuina al salotto serale in Tv o se non arrivi minimo dal Galles, i centimetri quadrati dell'espositore si riducono di dimensione, come una maglia di lana dopo un lavaggio sbagliato.
Insistono e finisco con l'accettare.
Adesso devo promuovere due prodotti e la cosa mi crea un patema d'animo grande come il continente occidentale.




Il quinto romanzo è un thriller canonico, con un tiro davvero notevole e un paio di colpi di scena che sfido chiunque. In attesa di vederlo prendere forma, decido di bruciarmi i nervi e di scrivere un nuovo romanzo in venti giorni.
Non so da quale neurone del mio cervello sia partita la malsana idea ma ci riesco, la cosa mi costa un  mezzo esaurimento nervoso ma cribbio, ora ho la prova che tengo la strada come un trazione integrale e giro al ritmo di un buon diesel ben rodato. Ho adocchiato un concorso molto importante dove non si vince nulla, se non un progetto di futura pubblicazione ma, per dei motivi che ancora devo interamente comprendere, mi piace. Intanto mi giustifico, convincendomi che era ora di scrivere una storia narrata in prima persona e che ero eccitato all'idea di mettere giù un testo sboccato e politicamente scorretto. Faccio una busta ben pasciuta e spedisco il tutto sotto gli occhi increduli della postina.
Nel frattempo lavoro, il lavoro vero, intendo.
Nel frattempo passo le sere a correggere le bozze e a seguire i film col solo audio. Non è male, alcuni ci guadagnano.
Nel frattempo arriva una proposta di pubblicazione per il mio sesto romanzo.




E' ferma da un po' di anni ma io adoro quella storia, le ho voluto bene come a una figlia La riscriverei tale e quale solo per provare le emozioni che provai allora.
Dalla casa editrice mi chiedono di eliminare un capitolo e di cambiare il  titolo. E' azzeccato, dicono, ma qualcuno ci ha già pensato. Il capitolo finisce cestinato ma sul titolo ho delle riserve. Non ho la prova ma posso giurare di averlo pensato per primo. Ricordo che, quando lo scrissi, indagai il web in lungo e in largo per vedere se qualcuno ci avesse già pensato. Google sentenziò con una risposta negativa e Google, porca miseria, è uno che sa il fatto suo e soprattutto sa gli affari degli altri. Il libro, l'odioso libro che mi ha soffiato il titolo, arriva dall'Argentina, e deve essere stato recentemente tradotto in italiano. Provo un po' di odio e, per darmi importanza, immagino i Sudamericani che si fanno beffe di me, cucinando carne alla griglia spessa tre dita e ridendo senza ritegno dell'Italia che non andrà ai mondiali. Non so come finirà la cosa ma nel frattempo, e per fortuna, il progetto è congelato.




E poi devo scrivere. Non riesco a farne a meno, soffro.
Butto giù un racconto, lo mando a un concorso e, dopo un paio di mesi, mi arriva una proposta di pubblicazione. Ne scrivo un altro con l'intenzione di mandarlo a una rivista che mi è stata simpatica a pelle, salvo poi scoprire che la medesima è fallita.
Non ho idea di cosa farmene. Per la verità non ho idea di come piazzare un'altra mezza dozzina di racconti, che superano tutti i quindicimila caratteri spazi compresi (il limite oltre al quale diventano improponibili in qualsiasi contesto). Scemo io, avrei dovuto pensarci prima!

Da qualche mese avevo completato una raccolta di racconti con l'intenzione di autopubblicarmi e dare il ricavato in beneficenza. L'avevo intitolata Crash Test, avevo già individuato una possibile copertina e una ben precisa sequenza dei capitoli. E' andata a finire che non l'ho pubblicata (pare che certe opere pie non abbiano poi tutto questo bisogno di soldi). Nel frattempo scopro che qualcuno ha già usato il titolo. Peccato, di quella cosa ne parlavo già tre anni fa nel mio secondo romanzo e mi ero ripromesso di trasformare in realtà quella mia fantasia.





Ma come ho appena detto, devo scrivere. Inizio un romanzo con venti protagonisti, gatto randagio e dee jay in stile "Guerrieri della Notte"  compresi nel pacchetto. 
E' ambizioso, mi piace e scorre via liscio come l'olio. Per non sbagliarmi metto giù la mappa del paese immaginario dove si sviluppa la storia e addirittura mi disegno le piantine degli interni. Scrivo quattro capitoli e poi mi fermo. Si fa strada l'idea che di romanzi corali e ambiziosi ce ne siano anche troppi e che forse il lettore abbia bisogno di storie più immediate;
in prima persona;
indicativo presente;
veloci e poco impegnative;
senza troppi ragionamenti e implicazioni sentimentali.
Ogni sera vado a dormire con la convinzione di avere messo a fuoco l'idea da sviluppare. Al mattino la boccio prima ancora di avere tirato l'acqua.
Una storia scritta al rovescio;
una vicenda imperniata attorno al furto di un dipinto;
la revisione artistica del mio primo vero romanzo, da proporre con un nuovo titolo dopo averlo ritirato dal commercio;
un thriller del quale non vi rivelo nulla perché poi mi si frega l'idea;
una faccenda con veleni e antidoti da fare venire mal di testa;
una vicenda che prende spunto dal deep web.
Forse è meglio se torno sul mio paese immaginario, con i suoi venti protagonisti più il gatto e il dee jay.




Ho le idee confuse.
Intanto perché mi metto a scrivere il post a mezzanotte e poi per sbaglio lo pubblico, ancora da finire e addirittura senza averlo riletto. Chissà cosa avrà pensato il mio misterioso ammiratore russo, che fa visita al mio blog praticamente ogni notte. Spero non l'abbia letto e spero non si tratti di quel tale che fa vincere le elezioni a partiti presi a caso.

Mi viene il dubbio di avere lavorato troppo in questi anni e di ritrovarmi con un eccesso di materiale. Mica ho l'ufficio stampa, io, e nemmeno l'agente che mi sbriga le incombenze.
Se ti pubblicano il materiale poi devi venderlo e ti viene l'ansia.
Quando lo hai venduto e ricevi le gratificazioni dai lettori, senti che meriteresti più successo e ti viene l'ansia.
Se non trovi un editore disposto a pubblicare il tuo materiale, ti viene l'ansia.
Se non scrivi accumulando alcuni megabyte di parole, ti viene l'ansia.
Dovrei riposarmi ma l'idea mi fa venire l'ansia.
Nel frattempo torno alla pagina di satira con la quale collaboro e scrivo cazzate a nastro, così l'ansia la faccio venire agli altri.
Mi perdoneranno, lo so, e la cosa mi fa sentire meglio...