martedì 21 marzo 2017

Non fate impazzire lo scrittore...






Son capaci tutti a scrivere un libro. 
La difficoltà sta nel trovare il tempo di farlo, di mantenerlo coerente, sensato e interessante (mica lo scrivi per te stesso, il libro). E poi occorre lasciarlo per così dire, decantare, sottoporlo alla prima rivisitazione, alla seconda, alla correzione di bozze e all'editing. 
Poi è necessario stamparne una copia a spese tue, impaginarla correttamente e rilegarla, in modo che i lettori beta possano accedere alla tua meraviglia senza trovarsi con dei fogli sparsi in giro per il salotto (lo standard minimo, direi, è quello della spirale con la copertina plastificata trasparente sul frontalino e quella semi rigida sulla quarta. Non voglio iniziare la polemica su quanto sia difficile trovare una spirale adatta all'uopo, perché, ovunque si vada, si passa dalla 0.5 direttamente alla 5.0, formato che viene venduto in sacchetti da minimo cinquanta pezzi e con  uno sconto dello 0%.) 
Poi, quando il lavoro è presentabile, parti alla ricerca di una casa editrice (perché auto pubblicarsi, se non sei una bella bionda che buca lo schermo, se non hai centinaia di amici disposti a scaricare il tuo ebook e a promozionarlo, santi in paradiso o una fortuna sfacciata, equivale quasi sempre a bruciare il tuo lavoro). 
Quindi si rimane ancorati all'antico; ancora troppo diffidenti i potenziali lettori ebook. 
C'è chi teme che il dispositivo sia energivoro, troppo costoso e che infine emetta radiazioni cariche di agenti mutageni. C'è anche chi si preoccupa per la sua vista e chi è semplicemente tirchio.




Io capisco le case editrici, anzi, provo per loro anche una certa empatia. 
Sono sommerse dalle proposte, poverine, e non credo che tutti gli aspiranti posseggano la perfetta impostazione stilistica di Checov, l'irrefrenabile logorrea di King o la penna irriverente di Bukowski. 
Se esistono degli editori senza alcuna pretesa sul formato trasmesso e sulle modalità di compilazione dei documenti di corredo (di solito biografia, sinossi e trama dettagliata) e sono per fortuna i più numerosi, si trovano anche quelli che hanno sviluppato degli anticorpi specifici contro l'eccessiva presenza di aspiranti scrittori, anticorpi che qualche volta  sono piuttosto singolari. Mi chiedo, per esempio, come possano esigere delle sinossi con un certo preciso numero di battute e una quantità di capitoli compresa in un intervallo ben determinato, ma che insieme non superi un numero preciso di caratteri. Qualche volta è capitato che chiedessero dei capitoli a scelta dell'autore e in numero ragionevole. Le parole "scelta" e "ragionevole" mettono paura, vero?
E poi ci sono quelli che vogliono le cartelle editoriali piuttosto che il testo formattato a vostro piacimento, il Word di nuovissima generazione, il pdf con una certa impostazione e il cartaceo. Se i primi, vi confesso, suscitano tutta la mia stima perché costringono lo scrittore a non dare mai nulla per scontato, quelli della carta  stampata, invece,  mi fanno venire l'orticaria.
A parte l'aspetto squisitamente ecologico  (perché mai dovrei consumare una risma di carta e invadere l'aria con delle polveri sottili che potevano tranquillamente giacere nel toner della mia stampante) ci si pone anche una domanda piuttosto ovvia: 

ma dove mai potranno stivare tutto quel volume di carta?

Disporranno di speciali magazzini destinati allo scopo con potenti sistemi per prevenire ed estinguere gli incendi?
Avranno dato in carico ad una ditta esterna tutti gli aspetti pertinenti la conservazione e gestione delle copie?
Un bastimento verrà ad imbarcarle all'interno di speciali enormi container?
Un addetto appartenente al comitato di valutazione verrà a ritirare prontamente il faldone non appena questo sia giunto all'indirizzo di destinazione?
Cestineranno il vostro plico dopo avere letto le prima quattro pagine?
Non saprei, ma vi inviterei a riflettere sull'ultima ipotesi...
E poi ci sono quelli che vogliono di più.
Quando dico "di più", intendo che vanno oltre alle richieste consuete degli elaborati stampati, altrimenti sarebbe troppo semplice. Il manoscritto (lo chiamano così anche se ricorda un po' quelle cose che ci insegnavano a scuola sui frati amanuensi), deve essere stampato su un solo lato del foglio, rilegato a caldo ed in duplice copia. La busta di spedizione deve essere integrata con un CD contenente la versione informatica dell'opera....ah, dimenticavo, con raccomandata e ricevuta di ritorno. Credo che nemmeno le ambasciate comunichino tra loro con protocolli tanto rigidi. 
In ogni caso hanno ragione.
Certi editori confidano nella traduzione e ripubblicazione di testi stranieri che hanno già avuto successo e, pertanto, la nuova proposta non rientra nei loro piani editoriali, solo che non osano dirlo. In un paese come il nostro, dove si legge pochissimo e il libri perlopiù si regalano, la prudenza non è mai troppa ed un occhio al bilancio non guasta mai.




E poi c'è la promozione, che ti fai praticamente da solo, a tue spese e pagando di tasca tua gli errori di comunicazione (del resto te l'avevano detto! C'era quel corso farlocco dove il professor Vattelapesca ti insegnava come vendere mille copie al giorno con un sorriso ma tu, stupido, non ci avevi creduto  e l'avevi lasciato  giacere nel cyberspazio). 
La promozione funziona nel modo seguente, forse un po' farraginoso, lo ammetto,  ma credetemi, le certezze sono scolpite nella dura pietra :


Usa i social  / non usare i social
Definisciti scrittore / non lo fare, a meno che  tu non sia in odore di Nobel e con una dozzina di bestseller già pubblicati
Posta quotidianamente qualcosa che ti riguarda  / non farlo perché potrebbe essere deleterio


Credi in te stesso e nel tuo lavoro  / non farlo, perché la superbia è la peggiore promozione possibile


Collabora con i blog, cerca recensioni, attira l'attenzione con qualche passaggio dei tuoi libri / non lo fare, perché in quel modo ti butteresti via....
fai le presentazioni al paese tuo / non le fare perché non saresti cosmopolita
fai le presentazioni in streaming, eurovisione e reti unificate / no, saresti arrogante



e via dicendo.


Quindi, attraversato l'oceano di incertezze, ambiguità e dubbi e in attesa che la RAI ti telefoni per invitarti a sedere al talk show della domenica sera o che Spielberg decida di fare del tuo libro un film, tieni botta con le persone che incontri in strada e accetti le loro legittime obiezioni e pregiudizi. 

Io ne ho annotate alcune:


1.  ma è farina del tuo sacco?
2.  cosa ti fumi?
3.  che strano, ma sei laureato in lettere?
4.  ma hai pagato tutto tu?
5.  non ti ci facevo...
6.  ma è una cosa per beneficenza? 
7.  io non ho mai letto un libro in vita mia. Non vedo proprio perché dovrei cominciare con          uno dei tuoi...
8 . è gratis?
9 . ah, ma si paga!
10. aspetto che lo finisca Tizio poi me lo faccio prestare.
11  se non vendi almeno centomila copie lascia perdere, perché hai già capito che non ci           stai   dentro...


Ecco, l'ultima, che trasuda di solida concretezza settentrionale, l'ho sentita dire un po' di tempo fa. Devo riconoscere che mi ha fatto sorridere più delle altre.


Comunque amici, portate rispetto per gli scrittori, non fateli impazzire. 
Anche se non vanno in televisione, arrivano dal Maine o scrivono per un prestigioso giornale a tiratura nazionale, sono spesso persone che andrebbero ascoltate e rispettate, se non altro per il mazzo che si fanno tutti i santi giorno del calendario.