lunedì 17 gennaio 2022

Mara la mora

 






Il parabrezza appannato trasforma la luce gialla del lampione in un alone circolare, che degrada in luminescenza malaticcia verso i margini. Anche i finestrini laterali sono coperti di condensa e anzi, quello dalla parte del passeggero è decorato da un paio di rivoli paralleli e densi che scivolano verso la guarnizione fino a radunarsi in grosse gocce. Sembra piangere. 
Mara profuma di stick per le ascelle, di quelli che si fanno sentire solo dopo la fatica. Si lascia scivolare sul sedile, appoggia la pianta del piede contro il vetro e ammira il risultato. È un'impronta piccola e delicata che sotto il tallone dirama una teoria di colature che ricorda una ragnatela. Marcello detesta l'idea che il parabrezza della sua Golf nuova sia trattato senza rispetto ma lo spettacolo della gamba nuda e abbronzata lo incoraggia. Qualche spruzzo di Vetril e un panno in microfibra saranno il rimedio. 
Per la ragazza col caschetto di capelli scuri, gli occhi azzurri che con il buio sfiorano il nero e le piccole tette sode con i capezzoli che puntano verso il cielo, pare che il rimedio proprio non esista.
È stata sotto di lui per un tempo che le è parso breve, troppo,  pari alla canzone degli Hollies che ha suonato alla radio e alla durata dello spot partito a ruota. Millantava di un gommista così veloce che il cliente non avrebbe fatto in tempo a bere un caffè nel bar accanto all'officina prima che la foratura fosse riparata. Pochi secondi e per Mara, quel mezzo minuto di cantilena più la durata di un vecchio pezzo rock, non è  sufficiente per elevare a vera e propria scopata quel peso poco garbato e goffo che si è accompagnato per tutto il tempo con l'antipatico cigolio delle molle.
"Dai, portami a casa." dice lei, mentre litiga con la maglietta stretta che fatica a infilarsi per colpa della pelle sudata. Ha l'aria di chi vuole ingollarsi una camomilla e buttarsi nel letto.
Marcello, invece, vede l'esistenza come una partita di calcio, dove c'è sempre un secondo tempo, un ultimo minuto o un recupero per trovare rimedio. 
Mara ha un concetto dell'esistere del tutto diverso. Lo vede come un buco da riempire, e quelle volte che avanza un po' di spazio è solo tempo perso e non sono possibili rimonte, supplementari o calci di rigore. 
Marcello, come tutti i tifosi, ammette la sconfitta ma confida nella partita che verrà.
"Ci facciamo una birra da Tony?"
"Ci facciamo una tirata fino a casa mia. Poi ti vai a bere la tua birra da solo."
Marcello si ricorda di un gemito e di un mezzo grido finale apparentato con un colpo di tosse. L'istinto dice che non dovrebbe fare appello alle labili prove ma è un tifoso, di quelli che rimangono impalati sugli spalti ormai vuoti a rimuginare sulla sconfitta. "Non ti è piaciuto?"
Mara non risponde. Si sistema le mutandine sotto la minigonna e guarda a destra in direzione della statale. "A te è piaciuto?"
"Sì...no, oddio. Certo, non siamo stati comodi come in un letto ma tu sei..." le passa la mano sulla testa e sposta i capelli dietro all'orecchio.  "Sei così bella che mi fai perdere il controllo..."
"Non devi perdere il controllo. Vai dritto e imbocca le curve come Dio comanda." guarda l'orologio del suo cellulare. Mezzanotte è fra un po'. "Fra mezz'ora voglio essere a dormire."
"Parliamo ancora..."
"Ti prego, Marcello, mi viene sonno." dice trattenendo uno sbadiglio.
"Facciamo un altro round, allora." propone lui mentre un preservativo salta fuori come in un gioco di prestigio. "Ho pronto il cambio di gomme, veloce come nella pubblicità alla radio!" ride.
"Veloce come il tuo pisello sparalesto. Dai gas al motore e lasciamo questo parcheggio a chi ne farà un uso migliore."
Marcello deglutisce ma quel gusto di fiele rimane spalmato sotto la lingua. "Perché mi offendi?"
Mara cincischia con i comandi fino a quando trova il pulsante per abbassare il finestrino. Lo preme e il cristallo scompare nella portiera mentre l'aria tiepida della notte si mischia agli odori dell'abitacolo fino a spazzarli via. Lo sguardo che riserva a Marcello è sfuggente e indecifrabile come quello di un rapace. Sospira. "Ma chi ti conosce? Cosa abbiamo da dividere noi due? Dimenticati di me e ti giuro, io mi dimenticherò di te."
"Quindi non ti è piaciuto?"
"Mi porti a casa, sì o no?"
"Non credo sia giusto giudicare il libro dalla copertina..."
Mara gli piazza gli occhi addosso. Lui nota una smorfia di cemento che cancella il ricordo del sorriso che qualche ora prima aveva impreziosito quell'unico selfie insieme, e altera la bellezza delle labbra. Gli pare durare un secolo. "E tu vuoi chiamare libro un capitolo breve e insignificante?"
"No, bella, semplicemente non pensavo di essermi iscritto alle olimpiadi!"
"Be' no, ma di sicuro sei iscritto al Gran Premio di Formula uno, alla ventiquattrore di Le Mans se ti piace di più. Vedi di sgommare e portarmi a casa!"
"Sai cosa? Sei solo una stupida puttana!"
Lei non fa una piega. "Be', pagami allora."
"Ti ho pagato la cena, mi pare di ricordare."
"Non che quel ristorante fosse la meraviglia che dicevi."
"Solo che mi è costato duecento euro!"
"Scegli i locali come amministri il tuo attrezzo. Dovrai fartene una ragione, un giorno o l'altro."
"Sei...sei..."
E la rabbia affoga le idee in un mare mosso e profondo. 
A quell'ora la statale è praticamente in disuso: solo qualche motociclista che sfida la morte, qualche ubriaco che si prende la strada tutta per lui e qualche coppia di amanti con l'abitacolo ancora caldo. A nessuno di loro sta a cuore la disfatta di Marcello, che si e visto sbattere in faccia un cartellino rosso e di Mara, che dovrà darsi da fare per riempire quel vuoto che rimbomba come un grido in cattedrale. Nessuno ha notato l'auto ferma nell'angolo remoto del parcheggio e questo Marcello lo sa bene. Conosce il posto in cui vive, è sicuro del disinteresse della gente per il prossimo, del freddo distacco con il quale si partecipa alle vite degli altri e allora...
"Scendi!"
"Cosa?"
"Scendi e vattene a casa a piedi!"
Marcello vede. Capisce che la mano sul ginocchio si apre perché sta per trasformarsi in un ceffone ma non fa nulla per evitarlo. Per lui, Mara è ancora una brava ragazza, amorevole e paziente, capace di coltivare una passione fino a trasformarla nel più genuino degli amori, nel dispensare un sorriso caldo e morbido al punto di portarselo a letto per fare compagnia ai sogni.
E invece il ceffone arriva e insieme a lui un lampo, che si forma direttamente nel centro del cervello e poi si sgretola in una miriade di lamette che precipitano giù per il collo e tagliano qualunque cosa, fino al cuore. L'umiliazione brucia come quel famoso nocciolo chiuso dentro al sarcofago. 
Capisce solo la seconda metà della frase perché l'orecchio fischia come un treno in mezzo alla steppa.
"... e poi mi scarichi davanti alla porta e non ti fai più vedere nemmeno in cartolina, coglione!"
Quando riprende il controllo di sé, quando il cuore smette di tirare al punging ball, quando le due strade che crede di vedere si riuniscono nel solo, unico e reale nastro d'asfalto, lui sta viaggiando verso casa, mantenendo la velocità moderata e pestando con le ruote alla destra dell'auto la linea di bordo.
Prima di convincersene, guarda il sedile del passeggero per almeno tre volte. 
Finalmente è solo.

Un passo dopo l'altro ma le scarpe sono scomode. 
Dopo meno di cinquecento metri, Mara si arrende al gran mal di piedi e si siede sul guard rail che lentamente cede il suo calore alla notte, e scricchiola. Sono passate solo tre auto da quando Marcello l'ha spinta fuori e se ne è andato con la portiera ancora aperta, e nessuna di queste si è fermata. Troppe storie di belle ragazze che fanno l'autostop per conto di bande di rapinatori, troppe, stupide leggende metropolitane. 
La carica del cellulare è a tre quarti. Mara accavalla le gambe per catturare l'attenzione del più addormentato degli automobilisti, china la testa sul monitor e apre il selfie scattato nel pomeriggio. 
Marcello era passato a prenderla intorno alle sei e l'oleandro fiorito del giardino, nella luce ruffiana del sole basso, le era sembrato uno sfondo perfetto per immortalare il momento. Lui si era sforzato di fare apparire irresistibile il suo sorriso e aveva chiesto di allargare l'inquadratura per mettere in evidenza i pettorali che tiravano sotto la maglietta aderente. Anche la clavicola robusta saltava all'occhio e tutto faceva pensare a qualcosa di davvero potente. 
Il social si apre e ricorda che ci sono ottantasei notifiche da esaminare. Nulla di strano quando i follower sono più di centomila. Mara la mora, anche quando posta un'emerita stupidaggine, riceve like a carrettate e commenti a pioggia. Molti di questi sono inviti per uscire o proposte sconce. 
La foto del profilo, che la ritrae dentro un minuscolo costume da bagno in colore carioca, con la sabbia della spiaggia appiccicata alla pelle e l'elastico delle mutandine alle latitudini più basse, certo non invita a discutere di filosofia.
Il post non lascia spazio alle interpretazioni:
"Tempo perso. Tanta dinamite e pochi botti..."
Un secondo
Due secondi
Tre. 
La prima risposta è di Gigi Shock. "Tu metti l'esplosivo, io porto il detonatore." 💣😆
Madame Falco si accoda. "Stai forse dicendo che l'apparenza inganna?"
Mirko Mirk. "Ti mando una foto in pvt."
Lady Bondage. "Facci vedere che faccia ha questo...tempo perso." 😜
Private Raian. "Te lo strappo quel costume!" 😈😈.
Baby Boom. "Lo hai rimandato a piangere dalla mamma?" 😭
Ale XXX ia. "Attacca i manifesti sui pali della luce. Wanted..." 🤣😂

La quarta automobile, rallenta solo per capire se si tratta di una mignotta. Riprende la corsa in un tanfo asfissiante di diesel da rottamare.

Gengiv Kan. "Vieni a trovarmi che quando ho finito cammini storta per tre giorni." 😵‍💫.
Olivia Oli. "Ti sei fatta fregare, #Maralamora. Non ti ci facevo..."  👎
Lavori per Forzuti. "Facci conoscere quel treno a vapore, magari gli manca l'acqua da far bollire..." 💪💪

Mara indugia sul selfie. Marcello è così tronfio, abbronzato alla lampada e gonfiato come un pollo agli estrogeni che meriterebbe la gogna. Ride a voce alta senza rendersene conto, clicca sulla foto che si allarga e in pochi istanti il menù propone la condivisione. Sente il calore che monta da li sotto, una vera e propria eccitazione sessuale. Non si lascia Mara la Mora in mezzo a una strada e se lei ti rifila un ceffone vuole dire che te lo sei meritato. Devi solo chinare la testa e chiedere scusa. I commenti sono centinaia e i like crescono, e non importa se è ora di andare a letto perché il popolo del web non dorme mai.
Vuoi condividere?

Mara non ha sentito l'auto. Si è fermata proprio davanti a lei. 
Per la verità non sta affatto soffrendo a causa della lamiera affilata a contatto con le gambe nude. La sua dimensione, il passato, il presente e il futuro, è tutta racchiusa dentro quei pixel che le gettano sul viso una luce da obitorio. Il cicalino, che si ripete a ogni notifica, è la colonna sonora della sua personale sala da ballo, il ritmo della sua vita dove non c'è mai tempo da perdere.
"Tutto bene? Hai bisogno di un passaggio?"
È una donna sui cinquanta, bionda, di quel biondo slavato, quasi cinereo. È magra in modo patologico, come se il lavoro e gli anni l'avessero consumata. Ha i lineamenti del volto tirati e un paio di occhiaie grigiastre che nessun trucco tenta di nascondere. Porta una camicia bianca sbottonata sul collo e puzza di ospedale. Non passa dalla parrucchiera da almeno un mese, questo è certo. Mara, incredula, rimanda la condivisione della foto con Marcello e chiede:
"Davvero mi dai un passaggio?"
"Sarei dell'avviso di non lasciare giovani ragazze sole per la strada, e di notte, poi. Sali."
Mara non se lo fa ripetere due volte e prima di mettersi a sedere deve aspettare che la donna trasferisca sui sedili posteriori una pesante borsa di cuoio.
"Io sono Mara. Tu sei un medico?"
"Sì, guardia notturna e stanotte stanno tutti male. Sono anni che percorro questa strada, avanti e indietro, e sempre con il buio."
Mara si compiace di avere indovinato. "Non ti invidio."
Pensa al malato terminale che ha visitato solo dieci minuti prima: una maschera di cartapesta che odora di fiori appassiti e con il cuore debole come una radio rotta. In effetti non c'è proprio nulla da invidiare. 
"Vediamoci il lato positivo. Mi sono fatta amica ogni curva, conosco tutti i tratti pericolosi e so, prima degli altri, quando devo evitare una buca." ride.
"Hai ragione, questa statale è veramente una trappola!" dice Mara e pare che la fossetta che si accompagna al sorriso si inneschi a comando.
"Dove ti porto?"
"Tu rientri all'ospedale?"
"Sì." riunisce le mani giunte e simulare il cuscino. "E spero di riuscire a dormire qualche minuto."
L'espressione del viso è di quelle di circostanza. Mara non riesce a essere sincera se non guarda dentro una fotocamera. "Perfetto, allora. Abito proprio da quelle parti."
L'auto riguadagna la strada. 
È una vecchia Panda bianca sfiancata dai chilometri. Il sedile al posto di guida è sfondato, il volante corroso dal sudore e il motore è fastidioso. Sprigiona un gran baccano mentre la lancetta del tachimetro fatica ad alzarsi. A dirla tutta, puzza anche di ferro bruciato. 
Si vede la dottoressa che fatica per mantenere la traiettoria: i tendini delle braccia affiorano sotto la pelle e lo sguardo è concentrato sulla strada. Mara si chiede se la signora taccia perché di indole silenziosa o perché deve domare una specie di bastimento con i timoni ciucchi.
"Be', comunque grazie."
Lo sguardo è fugace. Dopotutto c'è la Panda da tenere a bada. "Piuttosto, per quale motivo eri sola in mezzo al nulla?"
Mara ritorna sul social. I commenti al suo nuovo post sono oltre cento e i like almeno il doppio. La sua soddisfazione affiora da un ghigno che pare attaccato a colla di pesce. Risponde distrattamente mentre scrolla lo schermo. 
"Il tipo con cui stavo mi ha sbattuta fuori dalla macchina."
"Che carogna! E...tu cosa hai fatto per meritarti un trattamento simile?"
Mara alza le spalle. "Non è stato capace di scoparmi in un modo decente, ecco,  e io glielo detto."
La curva a destra è impegnativa e un rumore da cuscinetti a sfera ormai quadrati si aggiunge alla tensione. "I maschietti hanno un orgoglio, però, e vanno sempre per così dire, maneggiati con cura." sul rettilineo, la dottoressa esamina ancora una volta Mara con una rapida occhiata. "Non ti ha mica picchiata, vero?"
Nel frattempo hanno commentato altri trenta utenti e quasi tutti vogliono vedere in faccia lo sfigato. Par de balle spicca su tutti:
"Se mi presenti Mr. Speed posso consigliargli un maestro di Tantra Yoga. Ma a quanto ho capito gli servirebbe di più un miracolo." 😭
Mara pensa sia magnifico. A contarli in fretta i nuovi follower sono più di trenta, e tutto per una pessima scopata. La dottoressa sembra spazientita.
"Non mi vuoi rispondere?"
Scuote la testa. "Cosa, scusa?"
"Ti ho chiesto se ti ha alzato le mani..."
"Ma chi, quello sfigato? No, tranquilla, sono stata io a menarlo."
Passano su un vecchio ponte dove la carreggiata si stringe. Ogni volta, la dottoressa si domanda quanti automobilisti siano capaci di interpretare quel cartello di precedenza con la freccia rossa che fa coppia con quella bianca capovolta.
"L'hai picchiato?"
Mara finisce di digitare un commento e poi risponde. "Ma quello non è nulla."
"Usare violenza è sempre sbagliato. Lasciare una ragazza sola nel bel mezzo della notte, lo è altrettanto. Al diavolo l'orgoglio! Parlatevi e fate pace."
Mara ruota il cellulare verso la dottoressa. Non bisogna essere esperti per capire che è in linea con un social molto frequentato, e non solo da brave persone. "Quale pace. L'ho sputtanato e fra poco ci sbatto pure la sua faccia."
"Ti fermeranno!"
"Probabile ma non prima di domani mattina."
"Lo faranno perché qualcuno segnalerà il tuo post."
Mara scrolla la pagina mentre un concerto di cicalini le confermano che la discussione che ha lanciato è andata in orbita. Guarda la dottoressa mostrando commiserazione. "Mi adorano tutti qui sopra, pendono dai miei polpastrelli. Nessuno mi segnala un cazzo di niente. Lo vuoi vedere anche tu?"
C'è un semaforo, uno dei pochi che rimangono accesi anche la notte. L'occasione è buona per riposare le braccia, maledire quel volante senza servosterzo e senza grasso negli ingranaggi e provare a fare ragionare la ragazza. "Dai, fammi vedere che faccia ha questo pessimo amante ma te lo dico subito: non metterlo troppo in imbarazzo perché a un certo punto potresti pentirtene..."
Il ghigno ha qualcosa che lo fa andare di traverso. "No, non me ne pentirò mai ma guarda, guarda anche tu che bel faccino..."
E l'occhiata alla foto è rapida, perché il semaforo nel frattempo è diventato verde e il cercapersone non concede tregua. Da qualche parte ci deve essere qualcuno che non dorme come avrebbe sperato.
La Panda riparte faticando.
"Non lo fare!"
"E perché non dovrei?"
"Perché non ti devi approfittare del tuo successo sul social. Come si dice, del fatto che sei un'influencer?"
Mara vuole guadagnare tempo. Non le va di farsi buttare fuori dall'auto per la seconda volta. Vede la dottoressa impegnata alla guida ancora più di prima. La carreggiata, delimitata qua e là dai vecchi guard rail in lamiera, è diminuita in larghezza e in quel tratto di strada è ancora più buio. "Ma non posso deludere i miei follower, capisci? È un attimo passare dalla gloria all'anonimato."
"Non lo devi fare!"
"Ma certo che lo faccio! Condivido il mio selfie con lo sfigato e domani ne metto giù uno pieno di complimenti per te, dottoressa. Mi ringrazierai per questo perché la cosa potrebbe farti avere una promozione, lo sai?"
La dottoressa è nervosa. Spinge sull'acceleratore e questa volta pare che l'auto prenda velocità Mara nota le mani strette sul volante e i cambi rapidi e precisi. In quinta si sfiorano i cento.
"E invece devi imparare a portare rispetto per il prossimo!"
Mara ricarica la foto: lei, lui e gli oleandri in fiore. Solleva il cellulare e sfiora il tasto di condivisione. "Quanti follower hai tu, dottoressa?"
Sono meno di sessanta e non si ricorda quando è stata l'ultima volta che ha eseguito l'accesso. "Lascia stare in pace quel ragazzo! È stata una serata storta per tutti due e vi conviene dimenticare..."
Gli occhi brillano di cattiveria e le fossette, quelle che ipnotizzano un po' tutti, sono sparite. Una fila di denti dritti e bianchi si nota dietro alle labbra appena schiuse.
Sembra una Jena.
Mara urla. Sbraita a bocca aperta, sputacchia e a essere onesti ha pure l'alito che sa di vino. "Invece lo faccio e chi cazzo sei tu per impedirmelo!"
La dottoressa si rasserena. Deve avere capito.
Lei non è nulla, dopotutto. Deve solo obbedire a uno stupido cercapersone e farsi piacere la sua lurida esistenza.
Rallenta.
Le ruote alla destra calpestano la riga bianca. Il volante sembra meno ostile del solito e la schiena stanca, finalmente, si adagia sul sedile.
"Guarda avanti, Mara..."
"Ma che cazzo dici?"
"Avanti, devi guardare avanti!"
E Mara lo fa.
Non riesce a condividere la fotografia perché di fronte a lei, a forse cinquanta metri, comincia un nuovo guard rail ma questo è davvero speciale. Non ha la protezione ricurva per impedire che si comporti come la lama di un coltello e i metri, adesso, sono solo dieci.
Il cellulare cade sul tappetino e mentre le gomme lise si mangiano l'erba, il grido esce con la forza di un milione di voci terrorizzate e gli occhi potrebbero schizzare fuori dalle orbite e non è elegante da dire ma ha ancora il tempo di svuotare l'intestino. 
La lama frantuma la mascherina, s'incunea nel telaio, penetra il vecchio motore come il coltello caldo nel burro, lacera la lamiera del cofano, attraversa il cruscotto con la violenza di una spada e trancia insieme il sedile del passeggero, e il passeggero. In un inferno di rumore, fumo, scintille e puzza di carne bruciata, il guard rail esce dal baule della Panda qualche decimo di secondo dopo ed è un peccato, perché passando distrugge la borsa medica che esplode con un rumore di vescica schiacciata.

La dottoressa, frastornata, scende dall'auto. 
I primi passi sono una sfida alla forza di gravità, le gambe tremano, la testa duole e lo stomaco vorrebbe dare il giro ma poi va meglio. Dal finestrino rotto assiste a quel disastro di sangue, ossa tritate, visceri e lamiere. Il contraccolpo ha fatto serrare le mascelle di Mara in modo così violento che i denti si sono sgretolati.
Delle fossette ipnotiche più nessuna traccia.
Recupera il cellulare dal tappetino. Funziona ancora e non è nemmeno sporco di sangue. Lo mette in tasca, si ravviva i capelli color cenere con qualche ricordo di biondo e con il suo telefona all'ospedale.
"Ho avuto un incidente, un incidente terribile..."
"Oddio, sei ferita?"
L'odore del sangue è forte ma lei non ha nemmeno un graffio. "No ma avevo caricato un'autostoppista, una ragazza..."
"Non mi dirai che..."
"Sì, purtroppo..."
"Oh merda! Stai calma che ti mandiamo subito un'ambulanza."
"Grazie."
"È per colpa del maledetto sterzo?"
"E delle fottute gomme lisce. Fate in fretta che mi sento mancare..."

Ora l'abitacolo della Panda ricorda l'interno di un minipimer. 
Non sarà facile per i suoi colleghi ma lei aveva denunciato il malfunzionamento di quell'auto in numerose occasioni e cosa dire, l'omissione di soccorso è un reato grave e non si commette un reato grave, ancor più  grave se la ragazza è confusa, stanca è abbandonata di notte sul bordo di una strada.

È facile accedere allo smartphone. 
La M di Mara, che si delinea unendo i puntini, è piuttosto prevedibile.
Prima di cancellare il selfie, la dottoressa nasconde la faccia di lei con il pollice e con la punta dei polpastrelli carezza il volto di Marcello. Trova il tempo per qualche parola, sbrigativa e sussurrata perché in lontananza si sente l'ambulanza arrivare. 

"Marcello, amore, bambino mio. Nessuno può permettersi di offenderti e nemmeno di picchiarti e da ora in avanti, te ne prego, scegli con più attenzione le ragazze da invitare ."

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In copertina "Allo specchio" di Piera Vi