venerdì 14 settembre 2018

Il centro commerciale, la domenica...







Sei appena uscito dal centro commerciale. Fa un caldo di Dio e provi quella sensazione di suole appiccicate sull'asfalto. 

La tangenziale, che circonda l'areale come un cappio, fuma tipo un fuoco spento a secchiate o un cerino consumato, e tu spingi il carrello. Cigola e tira a destra, come al solito. I clienti di prima hanno dimenticato lo scontrino pizzicato fra le griglie. Per quanto ti impegni, per quanto esamini l'aggeggio come una formula uno ai box, riesci sempre a prendere quello con la convergenza fatta male o con i cuscinetti della ruota ridotti in ghiaia. 

Niente di che, ti mancavano il dentifricio e la carta igienica, e volevi un paio di pizze surgelate da mettere via per quelle cene da improvvisare in fretta. La cosa, però, ti è scappata di mano e alla fine ti hanno asciugato centosettanta euro dalla carta di credito. 

Sulle prime non la vedi, semmai la percepisci.

E' così vicina che basterebbe un alito per spingertela addosso, puzza come un vulcano ed è silenziosa come un killer nella nebbia. 

E' lei, è la macchina nera. 
La ignori ma non puoi fare a meno di percepire qualche pulsazione che si aggiunge alle altre e un altro po' di sudore che cola sotto la maglietta. E allora allunghi il passo, affondi la mano in tasca alla ricerca delle chiavi e svolti nella corsia laterale del parcheggio. La convergenza del carrello non ti aiuta ma tu spingi e riesci a passare oltre a quella berlina blu, quella buttata con tre ruote su quattro nel parcheggio dei disabili. 
Ma è domenica. 
La tua squadra del cuore ha giocato il venerdì sera e la passeggiata in montagna è rimasta nelle tue intenzioni. C'è più pancia che cuore, ormai, le tue scarpe da trekking sono a seccare nel fondo del ripostiglio e la bicicletta avrà sicuramente le ruote sgonfie.
La tua auto è in fondo, a cuocere sotto un albero che non ha nessuna intenzione di crescere e che si apparenta con un suo simile con il fusto inciso dalle iniziali di due innamorati. Non sei mai stato bravo a valutare ma è distante trenta metri almeno.
Ti chiedi come sia possibile che gli architetti abbiano disegnato aree piantumate a verde, con chiome larghe e ombrose e figurine di famiglie felici, uomini in bombetta e signore con l'ombrello sullo sfondo di un parco giochi e poi, puntualmente, ti ritrovi sopra un distesa di cemento rovente e cocci di mattone che si dividono lo spazio con le erbacce. 
Ma è domenica, il parcheggio è grande come il Nebraska ma niente, non c'è un posto nemmeno a pagarlo e i mariti impazienti consumano la batteria del cellulare sistemati in seconda fila e i cani pisciano sui cerchi in lega e le padrone sfidano l'aria condizionata per decidere il colore del costume, la prova più dura. E anche i bambini sono dentro, ad annegare nel mare di palline colorate sotto lo sguardo attento del solito addetto, quello della domenica prima, e prima ancora e della primavera piovosa con le auto che ti scaricavano le pozzanghere addosso. Giureresti di averlo visto affettare il salame, o guidare il muletto, o correre alla chiamata del diffusore interno con un sentore di sudore che partiva dallo svolazzo azzurro del grembiule.
Giureresti ma non te ne importa nulla: probabilmente non avrà nemmeno una fidanzata.
E l'auto nera si avvicina. 
Senti le gomme che si masticano la strada e la ventola in sottofondo. Si affianca. Il finestrino scuro scende e lascia scappare una mischia di suoni bassi in Dolby Surround. E' lì che non capisci, è lì che quella voce che arriva dall'abitacolo ti fa strizzare gli occhi.
Ma è domenica e il carrello tira a destra e per poco non va a baciare la portiera della macchina nera. L'uomo al volante scosta il gomito e ti guarda inviperito.
Poi gli passa. Forza un sorriso come se si sollevasse le guance con il cric e lascia scappare un alito di caramella. La donna seduta accanto si preoccupa di apparire cordiale ma tu scorgi solo una scollatura con il segno dell'abbronzatura e il principio di un collo.
Ti fermi.
Ti fermi e ti accorgi che la macchina nera non è la sola. La segue un codazzo di utilitarie, suv, e mononolume che traboccano di bambini impazienti. Al fondo della fila, incastrata da una manovra senza apparente soluzione, una signora suona il clacson e manda al diavolo il mondo intero.
L' auto nera si avvicina ancora. 
Ti ha seguito per tutto il parcheggio e insieme a lei la metà delle vetture immatricolate nell'ultimo lustro. A guardare meglio non si capisce dove finisca la fila.
" Va via?"
Il sorriso tenuto con il cric barcolla e la mano lasciata penzolare fuori picchietta la carrozzeria con le dita.
" Scusi?"
" Dicevo: va via?"
È domenica. Probabilmente lo svincolo della tangenziale sarà ingozzato e il casello invalicabile. Probabilmente ti avranno già soffiato il posto sotto casa e ti toccherà fare due giri con i sacchetti. Le porte scorrevoli del centro commerciale sono paralizzate dal passaggio dei clienti. È vero, qualche volta lo stupido dispositivo che le comanda tenta di farle chiudere, ma è domenica, e i due pannelli proprio non riescono a venirsi incontro.
" Sì...sì, sto andando via" e indichi la tua auto come per giustificarti.
" Bene. Allora mi prendo il parcheggio..."
A quel punto il finestrino si richiude. Fine della donna senza volto e del trionfo di suoni bassi esasperati dal subwoofwer. Fine delle speranze di altri mille, anonimi automobilisti, tanto liberi di andarsene dove vogliono, quanto prigionieri di quella tonnellata di lamiera e gomma.
Ma è domenica.
Ti sei abituato alla cacofonia dei clacson. Carichi la spesa, sali in auto, accendi e cominci la retromarcia. La macchina nera ti marca stretto, così tanto che devi fare attenzione a non raschiare il paraurti. Ti senti stupido per avere fatto una manovra di troppo di fronte a tutta quella platea. Ti sembra di avere sentito qualche insulto volarti addosso.
Ma è domenica. 
Sei partito, non hai fatto in tempo a girare l'angolo che già la macchina nera si è infilata al posto tuo.
La coppia col carrello e il bambino a cavalcioni nel cestello, non sembra darsi tanta pena. Come a un funerale, un station wagon grigia la sta seguendo senza fare rumore. 
A giudicare dalla situazione, gli altri dietro dovranno fare ancora tanti giri.


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